“Come poter ridere delle nostre follie” Alberto Patrucco a Lendinara 1999
18 agosto 1999, Fatti e fattacci del vivere quotidiano “Sorridi, domani andrà peggio“, la rassegna cabarettistica ormai prossima ai due lustri di vita, continua a registrare il tutto esaurito. Infatti l’altra sera, già prima dell’inizio, tutte le poltroncine distribuite nel giardino di Villa Petrobelli erano occupate da un pubblico formato quasi interamente da
giovani provenienti da tutta la fascia compresa fra il corso dell’Adige, in questi giorni torbido e veemente, e la superstrada battuta dalle corriere di appassionati dell’opera lirica, diretti all’Arena di Verona. A dire il vero, ogni tanto si affacciano pure signori e signore di una certa età, ma è alquanto raro, per non dire insolito, che resi-stano sino allo spegnersi delle luci, quasi sempre infastiditi dal linguaggio alquanto forte per le loro orecchie, definito quasi sempre ad alta voce:” Troppo volgare”. Quasi non fosse lo stesso che tutti i giorni, per ore, ascoltano incantati davanti al mezzo televisivo, che in materia di “paro-lacce”, come dicevano i preti di ieri, non ha da imparare nulla da nessuno. Fatta la doverosa precisazione, non mancando di aggiungere che per la prossima stagione gli organizzatori dovranno pensare ad uno spazio assai più vasto, dato che molti spettatori devono tornare malinconicamente sui loro passi, non rimane che dare notizia dello spettacolo di Alberto Patrucco, milanese ormai diventato una sorta di protagonista della…formula cabarettistica, strutturata in margine alla cronaca di ogni giorno che, come risaputo, offre motivi di taglio polemico a non finire. Non per niente un noto commediografo francese che ogni tanto sotto pseudonimo si diverte ad inventare scenette per certi attori suoi amici, ha scritto or non è molto che la società in attesa del nuovo millennio è talmente stordita da confondere ormai il vento con il ventilatore. Prima di raccontare della serata vivacissima, insediata unicamente dal vento ma non dalla pioggia annunciata dai vari bollettini meteorologici, che viene da domandarsi se non siano al servizio di chi guadagna sfruttando il mito delle vacanze, va detto che il programma stampato con una certa eleganza, aveva annunciato che sul palcoscenico si sarebbe esibito Claudio Lauretta.
Invece un contrattempo l’ha tenuto lontano da Lendinara, dove al suo posto nel gran respiro verde del giardino Petrobelli, vecchia famiglia aristocratica ormai estinta, si è affacciato dopo due anni di assenza Alberto Patrucco, con una antologia di sue cose vecchie e nuove, ispirata fatti e fattacci del vivere odierno. Soprattutto “fattacci”, dato che una sorta di corale follia, indulgente molto spesso con la violenza, sembra ispirare il comportamento di uomini e donne. Ha preso lo spunto dal traffico dove, a suo avviso, fa sentire il suo peso la passione per l’automobile dei giovani, che al dire di Patrucco hanno il vezzo di amoreggiare soltanto nella casa a quattro ruote, e successivamente ha toccato gli argomento più vari, dal cibo alla moda al calcio ai divertimenti, con una “verve” che non ha mai registrato cadute di tono. Semmai qualche accento dal tono confidenziale. Per concludere, una serata che ha divertito, chiusa dall’invito al pubblico di dare il suo contributo al Kosovo, dove la possibilità di ridere non esiste più.
Gian Antonio Cibotto