5 cose che (forse) non sapevi sul sangue. Parte 3^
Il sangue è stato da sempre un elemento collegato alla vita e, all’inverso, anche al suo opposto, ovvero la morte. Per questo motivo, nessuna sostanza ha così catalizzato la mentalità collettiva. Una profonda ossessione, tipica di tutta la società del Medioevo (e oltre), che ha caricato il sangue di significati magici, mistici e farmacologici, in un intreccio fra sacro-profano e credenza-scienza.
Ne avevamo già parlato in due puntate precedenti, (1^ parte e 2^ parte), e oggi vi proponiamo altre 5 curiosità che (forse) non sapevi sul sangue.
1) Abbiamo aperto questo articolo con una affermazione esagerata? No. Almeno fino al XVIII, quando ancora si pensava che ogni malattia (e quindi in generale la salute) fosse legata alla qualità e purezza del sangue. Ciò veniva affermato nei trattati medici che, comunque, si proponevano di essere “scientifici”, ma che il sangue fosse capace di prodigi farmacologici più ampi, era anche credenza puramente popolare. Si diceva, infatti, che fosse uno degli ingredienti base, data la sua capacità rigenerante, per la creazione dell’elisir di lunga vita: alimentando il corpo vecchio di sangue nuovo, si risanavano le malattie, la pelle si rinfrescava e si ringiovaniva magicamente. Questa credenza ha origini molto antiche perché già Ovidio, nelle “Metamorfosi”, raccontava di una maga, Medea, che incita le figlie di Pelia, a svuotare le vene del loro padre, ormai vecchio, per infondervi il sangue di un giovane. Anche figure popolari come i vampiri o i licantropi, nascono da queste favolose leggende.
2) Rimanendo in tema, che tipo di uomo si pensava potesse ritardare (per una sorta di inclinazione genetica, quando questa branca di scienza non esisteva ancora nella società pre-moderna) il processo di invecchiamento? Sicuramente un uomo in carne, di carattere gioviale, bello e quindi sano. Soprattutto, e qui sta l’elemento curioso, di capelli rossi perché si associava il colore a quello del sangue. Inoltre, doveva essere preferibilmente amante del canto, del riso, dei cibi nutrienti e caldi perché il buon sangue non doveva essere freddo. Ma attenzione: non doveva essere nemmeno caldo-umido o annacquato quindi…. meglio bere vino e non acqua!
3) Sì, il buon sangue, a molti farà piacere saperlo, si pensava fosse generato anche dal buon vino. Lo scriveva Bartolomeo Taegio, letterato vissuto a metà del ‘500 , secondo cui: “… il buon vino è quello che fa il buon sangue e la bontà del sangue rende gli spiriti chiari”, ovvero l’intelligenza più acuta. Non vi era alcun fondamento scientifico in queste parole, ma è stato successivamente scoperto che alcune componenti che si trovano nei semi dell’uva, chiamati procianidolici, possono aiutare a ridurre il rischio della comparsa di malattie cardiovascolari, agendo da vasodilatatori, e quindi influenzando in modo positivo la circolazione del sangue. Sono molto potenti e basta un solo bicchiere al giorno per proteggere il cuore. Quindi, “vino rosso fa buon sangue”… ma con moderazione!
4) Esiste una grotta, la grotta di Niaux (Francia), famosa per contenere degli importanti graffiti, di colore rosso e nero, ad opera dell’uomo primitivo. La cosa interessante è che il colore rosso è stato utilizzato in un modo davvero particolare: come si vede nell’immagine, si notano delle macchie di colore all’interno del bisonte cacciato, ferito (sono visibili le lance) e che si accascia. Il realismo con cui questa pittura rupestre è stata eseguita, testimonia, forse, la coscienza che colpendo alcuni punti particolari degli animali, usciva quel liquido rosso che ne velocizzava la morte. Forse questa è una delle prime rappresentazione di consapevolezza dell’esistenza di una relazione fra sangue e vita.
5)Da allora, di strada se ne è fatta, ma vi stupirà sapere che la maggior parte dei progressi inerenti alla donazione del sangue, la sua conservazione e l’uso si collocano durante, e a cavallo, fra le due guerre mondiali. Questo perché mai prima di allora vi era stata tale domanda di sangue, fra soldati e civili. Inoltre, almeno fino a metà novecento, le trasfusioni avvenivano da “braccio a braccio” con obbligo di vicinanza fisica del donatore, mentre nei conflitti vi era spesso necessità di trasportare il sangue, magari in situazioni precarie. Una prima grande scoperta, per ovviare a questo problema, sarà quella del citrato di sodio, che impedisce la coagulazione del sangue e quindi possibilità di conservarlo per alcune settimane.
Proprio durante gli anni della prima guerra mondiale, nasceva la prima associazione di donatori di Sangue a Buenos Aires. Da lì, anche in U.S.A. (1920), Inghilterra (1921), Svizzera (1922), Portogallo (1924). In Italia, nel 1927 il dott. Vittorio Formentano fondava un’associazione, assumendo la denominazione “AVIS” (Associazione Volontari Italiani del Sangue). Quel iniziale piccolo gruppo di donatori, si è moltiplicato in molte sezioni sparse in tutto il territorio nazionale e quest’anno se ne festeggiano i 90 anni di attività!
Speriamo che questo articolo leggero, in previsione degli impegni assembleari del fine settimana, vi sia piaciuto!